Mi chiamo Camilla, sono una blogger non vedente.
Bordeaux. Come la splendida cittadina francese e come la sua ostica squadra di calcio. Ho molti ricordi calcistici legati a questo colore. La prima volta che andai allo stadio a vedere la mia squadra (la Roma, per chi ancora non l’avesse capito) in Champions League, giocammo proprio contro il Bordeaux. Ho ricordi precisi di quella partita, perché ci confermò primi del girone. E poi ricordo la maglia del Torino, squadra impossibile da non amare per la sua storia, oltre che per avere schierato in rosa Valentino Mazzola, padre di Sandro. Era bordeaux la prima maglia di una squadra di calcio che ho acquistato, come i primi scarpini.
Bordeaux come l’omonimo vino, immancabile e presente sulla nostra tavola in tutte le occasioni speciali. Per festeggiare i nostri compleanni, per il Natale, per la mia festa di laurea. Amo sgranocchiare biscotti quando sorseggio questo ricco vino rosso, biscotti al bordeaux. Ottimi anche da soli, a colazione, a merenda, dopo pranzo o davanti a una partita. Un vino, un dolce dal profumo inconfondibile. Odore di vino e castagne, di vino e biscotti, di feste in famiglia e serate con gli amici.
Ogni mattina, mio padre e mio fratello fanno a gara a che si sveglia prima o a chi arriva per primo all’armadio per accaparrarsi quei pantaloni in velluto bordeaux o la camicia in tinta. Mio padre possiede questi abiti da quando è ragazzo. Ricordo perfettamente la giacca che indossava quando mi accompagnava all’asilo. C’è stato un periodo nel quale tutti, in famiglia, avevamo qualcosa di velluto bordeaux. Adoro i miei stivaletti di quel colore, la mia cartella scamosciata e il mio cappotto. Quello per il freddo, quello che utilizzo quando viaggio nei Paesi gelidi. È il cappotto di New York, di Berlino, di Dublino, di Edimburgo e di Londra. Ho appena comprato un paio di collant bordeaux e anche i miei capelli, da viola si avvicinano sempre più al colore del vino francese.