Dalton: chi era?

Dalton: chi era il chimico inglese che dette il nome al daltonismo

Ne soffriva Paul Newman, coi sui famosi occhi blu. E ne soffrivano anche lo scrittore Mark Twain, l’attore Rutger Hauer e il cantante Bing Crosby. Mentre oggi, tra le celebrità, troviamo Mark Zuckerberg, Bill Clinton, Keanu Reeves e, in Italia, Amadeus. Ad accomunarli tutti è un difetto della vista, il cosiddetto daltonismo. Ma primo daltonico “ufficiale” fu il chimico inglese John Dalton: chi era? E perché diede il nome a questo disturbo?

Dalton: chi era? E perché scoprì di essere daltonico grazie a un paio di calzini?

Nato nel 1766 a Eaglesfield, minuscolo villaggio nella zona nord-occidentale del Regno Unito, John Dalton fu un enfant prodige, tanto che sembra abbia iniziato a insegnare ad appena 15 anni. Cresciuto in una famiglia quacchera che lavorava in campo tessile, non poté frequentare le università inglesi per via delle sue posizioni religiose ma divenne allievo del filosofo John Gough. A 27 anni fu nominato insegnante di matematica e filosofia naturale in un college di Manchester che sposava la corrente dei cosiddetti dissenzienti . Al college rimase fino ai suoi 34 anni, ma continuò a insegnare e a fare il ricercatore per il resto della vita.

Nel corso della sua esistenza, Dalton studiò un po’ di tutto: dalla chimica alla fisica, passando per la meteorologia. Scoprì come si sviluppava la pioggia, misurò l’altitudine delle montagne usando un barometro, produsse una la prima, moderna descrizione dell’atomo e formulò la legge che lo rese celebre: la legge delle proporzioni multiple, detta anche Legge di Dalton, è una delle leggi fondamentali ponderali della chimica.

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Dalton: come scoprì il daltonismo

Dalton: chi era? Monumento dedicato a John Dalton

La leggenda parla di una storia curiosa, e cioè di quando, invitato a partecipare a una riunione di quaccheri, indossò dei calzini di un bel rosso acceso credendo fossero di un più sobrio nero o marrone.
Non si sa se la notizia sia vera, fatto sta che arrivò piuttosto presto a descrivere e a studiare il disturbo. Aveva appena 28 anni quando pubblicò un articolo scientifico dal titolo Fatti straordinari relativi alla visione dei colori. Nella sua ricerca, Dalton suggeriva che il daltonismo doveva essere ereditario, dato che anche suo fratello ne soffriva.

Dopo la morte, per sua stessa volontà, gli occhi di Dalton vennero rimossi. Sono tuttora conservati presso la Manchester Literary and Philosophical Society.

Daltonismo o discromatopsia?

Dalton: chi era? Dei test per verificare il daltonismo

Il nome scientifico del disturbo è discromatopsia, e questa indica la completa cecità o una minore sensibilità a uno o più dei colori fondamentali.
Quello che comunemente chiamiamo daltonismo è in realtà la deuteranomalia, cioè una minore sensibilità per il verde, che è il difetto più comune.
L’intero spettro della discromatopsia è il seguente:

  • protanopia: cecità per il rosso;
  • protanomalia, bassa sensibilità per il rosso;
  • deuteranopia, cecità per il verde;
  • deuteranomalia, bassa sensibilità per il verde;
  • tritanopia, cecità per il blu-giallo;
  • tritanomalia, bassa sensibilità per il blu-giallo.
  • acromatopsia, totale cecità cromatica;
  • acromatomalia, bassa sensibilità cromatica.

Com’è essere totalmente ciechi ai colori?

Dalton: chi era? La cecità ai colori

Il neurologo e scrittore Oliver Sacks studiò gli abitanti di due isole della Micronesia, Pingelap e Pohnpei, dove la percentuale di chi soffre di acromatopsia è altissima.
Ne parla nel suo libro L’isola dei senza colore dove scrive: «Come dev’essere il mondo, mi chiedevo, per chi nasce completamente cieco ai colori? Essendo inconsapevoli della loro privazione, forse costoro lo percepiscono non meno denso e vibrante del nostro. Potrebbero addirittura aver potenziato la propria percezione della tonalità, della tessitura, del movimento e della profondità visiva; ma allora dobbiamo pensare che essi vivano in un mondo per certi versi più intenso del nostro – in un mondo di accentuato realismo del quale possiamo solo cogliere l’eco nell’opera dei maestri della fotografia in bianco e nero? E se fossero loro a vedere strani noi, distratti da aspetti banali o irrilevanti del mondo visivo, e non abbastanza sensibili alla sua reale essenza visiva? A quei tempi potevo solo fare congetture, perché non avevo mai incontrato nessuno nato del tutto cieco ai colori».

Cosa vede chi soffre di discromatopsia?

Grazie a un’estensione del browser Chrome si può sperimentare come appaiono le pagine web a chi presenta i diversi disturbi.
Di seguito la pagina che presenta le tinte della nostra vernice per effetti materici Vintage Prestige, vista dagli occhi di chi ha la protanopia, la protanomalia, la deuteranopia, la deuteranomalia, la tritanopia, la tritanomalia, l’acromatopsia e l’acromatomalia.
Curioso, vero?

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